mercoledì 6 novembre 2013

Come organizzare un articolo: lo sviluppo

A volte capita di una storia vera ed esclamare: “Sembra un film! Sembra un romanzo! Sembra una telenovela!”
Il motivo di tanto stupore risiede nell'inaspettata somiglianza tra gli eventi accaduti nella realtà e i cliché narrativi che invece ci aspettiamo di incontrare quando sentiamo una storia inventata. Per esempio ci viene presentato il protagonista della storia che ha un problema o un desiderio, che fa dei sacrifici per dotarsi degli strumenti utili per risolvere il prolema o congiungersi con il suo oggetto del desiderio, che deve scontrarsi con antagonisti che lo ostacolano, che viene aiutato da amici alleati, e che infine viene messo alla prova. Se dimostra di essere all'altezza di ciò che voleva all'inizio, le sue doti vengono riconosciute e viene premiato con l'oggetto del desiderio o con la risoluzione del problema (finale positivo), altrimenti vive nella dannazione (finale drammatico, tragico).
Per interessare i lettori e farli appassionare a quello che scriviamo, una storia vera va raccontata con le stesse tecniche usate nella letteratura. Questo non significa inventare o usare la fantasia per rendere una storia più appetibile, bensì strutturare le informazioni di cui si dispone in modo intelligente e letterario.
Esistono degli studi di narratologia che analizzano la struttura di un racconto. Vladimir Propp, per esempio, ha paragonato centinaia di fiabe russe e ha trovato un denominatore comune costituito di elementi che si ripetono invariati in tutte le storie.
Di certo è impossibile riassumere la complessità di certe teorie nello spazio di un post, ma chi vuole può sempre farsi un'idea leggendo “Morfologia della fiaba ”.
Senza addentrarci nei dettagli, possiamo distinguere alcuni punti interessanti che dovremmo tenere in considerazione nello sviluppo di un articolo.

Definire il protagonista

Chi è al centro della nostra storia? Può trattarsi di una persona, di un'azienda, di un'istituzione. Se abbiamo più di un soggetto importante, il mio consiglio è quello di alternare i punti di vista.
Per esempio possiamo presentare la storia di una celebre università che festeggia i mille anni di fondazione e parallelamente raccontare la storia di un suo studente che è diventato una personalità nel mondo della cultura.
In questo caso abbiamo due storie indipendenti che si intrecciano in vari punti, anche se probabilmente la seconda è ancillare alla prima.

Descrizione della situazione di partenza

Secondo Torodov (I formalisti russi. Teoria della letteratura e metodo critico), una storia parte sempre da un equilibrium che viene improvvisamente a rompersi. Per esempio, gli autisti dei mezzi pubblico scioperano a Roma. Qual è il meccanismo che ha rotto l'equilibrio? Il mancato accordo tra azienda e sindacati per il rinnovo del contratto. Se un articolo non si sofferma sulla situazione che precede la rottura dell'equilibrio, il lettore non capirà la storia. Bisogna dunque dure quanto è importante quel contratto, o quanto è sofferta la scelta di negarlo da parte dell'azienda per avere una coloritura drammatica abbastanza accattivante per il lettore.

Prospettiva

La stessa storia può essere raccontata da diversi punti di vista. La storia di uno sciopero dei mezzi pubblici può essere raccontata attraverso gli occhi di un autista, che stenta ad arrivare alla fine del mese e ha due bambini piccoli e una moglie disoccupata. Oppure può essere raccontata attraverso la storia di un pendolare che rimane bloccato lontano da casa si dispera per i disagi che deve affrontare. Oppure ancora la stessa storia può essere raccontata dallo sguardo di un manager d'azienda, combattuto tra la possibilità di mantenere lo status quo, permettendo a molti precari di lavorare con stipendi più bassi, o concedere un aumento che graverà sui bilanci dell'azienda e avrà come conseguenza il licenziamento di numerosi lavoratori.

Quale punto di vista scegliere?

Dipende dalla storia, dal giornale per il quale scrivete, per il tipo di lettore a cui vi rivolgete. Il Sole 24 Ore potrebbe privilegiare l'ultimo punto di vista, mentre il Manifesto sarebbe certamente propenso a raccontare la storia dell'autista che non arriva a fine mese. Una rivista che si occupa di tribuna politica difficilmente sarà interessata a questa storia, a meno che lo sciopero non abbia conseguenze serie per sindaci, assessori, consiglieri...

Svolgimento

La regola del giornalismo anglosassone vuole che l'articolo non trascuri nemmeno una delle 5W (che tradotte in italiano stanno per Chi? Cosa? Dove? Quando? Perché?). La completezza dell'informazione è la condicio sine qua non per poter parlare di notizia. Una storia che trascuri uno dei precedenti punti non fa notizia, almeno secondo i canoni del giornalismo classico. Quando succede, infatti, delle emittenti prestigiose come la Cnn non parlano di notizia ma di “developing story”, ovvero storia in sviluppo.
Quando offrite una storia a un giornale, sappiate che sarà rifiutata se non è completa.
Che vuol dire completa? Semplicissimo: che ha un inizio, uno svolgimento e un epilogo, e che risponde alle cinque W.
La maggior parte delle proposte editoriali viene rifiutata perché gli aspiranti collaboratori propongono al giornale qualcosa del genere:

Egregio direttore,
le scrivo per proporle un articolo sull'Olanda, paese che ho visitato durante le vacanze estive e che mi ha affascinato tantissimo.


A parte il fatto che non si sta contattando la persona giusta (vedi il post su come scrivere una proposta editoriale), cosa vuol dire “un articolo sull'Olanda”? I giornali non sono enciclopedie, che pubblicano informazioni generiche e oggettive su luoghi, cose e persone. I giornali sono raccoglitori di storie, che raccontano cose che accadono a luoghi, cose e persone.
Provate a sfogliare un giornale come i Viaggi di Repubblica. Leggete un articolo a piacere e confrontatelo con la voce pertinente pubblicata su Wikipedia. Quali sono le diffirenze? È possibile rintracciare nell'articolo della rivista un incipit, uno svolgimento e un finale? Vale lo stesso per l'articolo tratto dall'enciclopedia online?
Nel nostro esempio, l'Olanda deve diventare lo sfondo per raccontare una storia che ruota attorno a uno o più temi (accoglienza, libertà, droghe, arte, ingegneria) e che ha almeno un protagonista (viaggiatori in prima persona, politici, artisti, direttori di musei, architetti e ingegneri).

Conclusione

Lasciare il lettore sospeso a metà non è bello. Si presenta una storia, si raccontano i retroscena, i dettagli, si caratterizzano i personaggi... Come chiudere l'articolo?
Diciamo subito che stiamo parlando di tecniche di scrittura acquisite nel tempo con fatica, esperienza e dedizione. Trovare una chiusura ad effetto richiede una notevole dimestichezza e non esistono manuali per imparare quest'arte. Tuttavia, un consiglio è quello di fare riferimento all'inizio. Menzionare un tema, un argomento o un particolare che si trova nelle prime battute da un senso di chiusura e conclusione al lettore, come un cerchio che si chiuda. Anche questa è un tecnica ricorrente nella letteratura: il lettore vuole sapere come va a finire Cosa? L'enigma, il problema il dilemma che si presenta fin dall'inizio).
Anche il lettore di giornali vuole ricevere la stessa gratificazione, e il nostro articolo defe fargli esclamare: “Sembra un film! Sembra un romanzo! Sembra una telenovela!”

Vedi anche:
L'attacco o lead
Le didascalie
I box informativi

Come organizzare un articolo: l'attacco o lead

L'inizio del pezzo, noto anche come “lead”, destinato a un periodico mensile non obbedisce alla regola secondo cui il primo paragrafo deve condensare tutta la storia (la cosiddetta “piramide invertita”, le cose più importanti subito e man mano che si va avanti si aggiungono i dettagli secondari della storia). Il lettore di un mensile, infatti, legge un articolo o un reportage come se fosse un racconto d'avventura, un pezzo letterario. Cosa fareste se, leggendo un racconto del vostro scrittore preferito, vi venisse svelata tutta la trama nelle prime cinque righe? Forse perdereste subito interesse nel racconto e non proseguireste con la lettura.

A differenza del lettore di un quotidiano, che vuole scoprire i dettagli solo alla fine, dopo aver prima compreso la sintesi e il “succo” della storia, chi sfoglia un mensile vuole gustarsi l'attesa che lo separa da un colpo di scena, scoprendo lentamente i dettagli man mano che va avanti con la lettura.
Per questa ragione, è bene cominciare con un dettaglio forte, colorito, deciso, in grado di suscitare l'interesse del lettore e di farlo entrare di prepotenza nel mondo che il nostro pezzo vuole raccontare.
Stai scrivendo un reportage sull'alcolismo in Italia? Non scegliere un attacco freddo e istituzionale, con dati e statistiche alla mano, ma focalizza l'attenzione su qualcosa di emotivo, su un'immagine o su un personaggio che iavevi deciso di inserire nel tuo articolo.

Ecco un esempio di attacco freddo da evitare:
Secondo quanto dichiarato dall'Istat, il numero di persone dipendenti dall'alcol in Italia è salito dal 3% del 2008 al 5,4% del 2009. La cifra è quasi raddoppiata nonostante l'incremento demografico sia stato poco significativo e la popolazione sia incrementata solamente dello 0,87% nel periodo in questione. Il ministro della salute Pinco Pallino si è detto sorpreso e preoccupato: “Si tratta di un campanello d'allarme – ha dichiarato il ministro – che non va sottovalutato. Il governo affronterà presto la qustione e prenderà tutti i provvedimenti del caso.”

Troppi numeri, troppe percentuali relative a cose diverse (alcolismo e incremento della popolazione) e una dichiarazione banale come capita spesso di sentir pronunciare dalla voce di un ministro. Il lettore è già annoiato alla terza riga.

Un incipit ad effetto per un articolo da pubblicarsi su un mensie potrebbe essere questo:
La stanza è in penombra e sul tavolo ci sono un bicchiere opaco e la bottiglia di vino di una marca a buon mercato. Michele R. sta seduto di fronte a me e durante il nostro incontro, durato appena quaranta minuti, si è versato da bere almeno quattro volte. Come altri 3 milioni di italiani, Michele si alcolizza tutti i giorni. Fino all'anno scorso le persone dipendenti dall'alcol erano poco più della metà rispetto a oggi, e il fenomeno sembra destinato a crescere.

Nel secondo esempio il ministro è sparito, perché non aveva nulla di interessante da dire. Di solito i politici si guardano bene dal fare promesse molto dettagliate e si limitano a frasi di circostanza che vanno sempre bene ma sono molto vaghe (e per questo difficili da smentire). Se uno vi dice che farà tutto il possibile, non riportate le sue parole, regalandogli una bella pubblicità immeritata, ma domandate i particolari oggettivi come obiettivi, date, scadenze...

Le didascalie
I box informativi

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lunedì 4 novembre 2013

Giornalista freelance: la proposta editoriale (3/3)

Meglio contattare il caporedattore al telefono o scrivere una lettera? Meglio una lettera o un’e-mail?
Questi sono i primi dubbi che si pone l’aspirante freelance. Data la timidezza iniziale, generalmente si opta per l’ultima soluzione, che poi è quella meno efficace (a meno che non si abbia un’idea esplosiva).
Un’idea timida, infatti, può essere discussa con più efficacia al telefono, perché il quel caso il caporedattore interviene, suggerisce, commenta. E’ inevitabile: al telefono corregge, e possibilmente accetta; lettere e e-mail vengono cestinate con estrema facilità.
Telefonare è dunque la migliore soluzione per rompere il ghiaccio. Ci si può affidare alle e-mail per le comunicazioni successive, quando il nostro nome non sarà più sconosciuto, ma è meglio comunciare sollevando la cornetta.
L’importante è combattere contro la propria timidezza e vincere.
Prima di effettuare la chiamata, facciamo uno script della telefonata. Annotiamo nome e cognome della persona con cui vogliamo parlare (ed eventuali sostituti); definiamo l’argomento che vogliamo proporre; prepariamoci a suggerire l’eventuale sezione del giornale che potrebbe ospitarla (viaggi in moto, gastronomia, spazio donna, benessere, medicina alternativa, economia…); basandoci su articoli simili apparsi nel giornale che stiamo contattando, suggeriamo la lunghezza che potrebbe avere il nostro pezzo
e le foto che possiamo fornire; chiediamo al caporedattore se vuole dare un’occhiata alle foto in bassa risoluzione e chiediamogli la sua e-mail personale; promettiamo di inviare entro qualche giorno un riepilogo della proposta per e-mail; chiediamo quanto possiamo aspettarci (di soldi) per questo lavoro.
Generalmente il caporedattore è una persona cordiale e alla mano, sempre a stretto contatto con la gente. Per sua natura (altrimenti farebbe un altro mstiere) tende a comunicare bene con gli altri e si abbandona facilmente a una chiacchierata distesa con gli sconosciuti, a meno che noon sia in chiusura col giornale e non abbia il tempo di respirare tra una bozza e l’altra che devono andare urgentemente in tipografia.
Evitiamo quindi di chiamare in periodi “caldi”, cioè appena prima dell’uscita del giornale. Le telefonate migliori sono nella settimana successiva, quando troveremo il nostro caporedattore con le antenne protese a catturare nuove idee per i numeri successivi.
Man mano che si diventa più esperti, l’approccio con un nuovo giornale può avvenire anche tramite e-mail, anche se la classica lettera con busta e francobollo indirizzata alla persona giusta (non genericamente “alla redazione del giornale tal dei tali”) aumenta la probabilità di una risposta.
Il fatto è cghe il caporedattore è una persona oberata di lavoro e positivamente pigra, nel senso che sa benissimo quale idea potrebbe andare bene per i suoi lettori ma non ha tanta voglia di proporla lui ai collaboratori. Al contrario, aspetta passivamente che un’ottima idea gli piova dal cielo, limitandosi ad approvarla.
Per queste ragioni, non bisogna dilungarsi con la proposta scritta. Bastano dieci, venti righe per esprimere un’idea perfetta. Evitiamo di inserire il nostro curriculum (il caporedattore valuta idee e non risorse umane, altrimenti sarebbe il capo del personale), evitiamo i complimenti per i contenuti del giornale (le adulazioni sono da pivelli) e passiamo dritti al sodo.
Ecco un esempio di come cominciare la nostra proposta:
Caro Beppe Rossi,
le scrivo per proporle un servizio fotogiornalistico sulla vita notturna dei giovani universitari Oslo. Malgrado le apparenze di una nazione pacifica e rispettosa delle regole, sembra che la trasgressione sia la parola d’ordine del divertimento vissuto tutte le notti da studenti e studentesse norvegesi.
Dopo aver trascorso due mesi nella capitale sandinava per motivi di studio, sono entrato in contatto con gli ambienti più alla moda e le abitudini più stravaganti di questi timidissimi e biondissimi ragazzi, che di giorno frequentano il prestigioso ateneo della loro città con impeccabile attitudine e la sera si trasformano in scanzonati adolescenti, trovando nell’alcool il giusto conforto per la loro connaturata timidezza e dimostrando col sesso il proverbiale grado di libertà ed emancipazione raggiunto dai nordici.

Niente presentazioni, niente curriculum, niente fronzoli inutili. E’ questo ciò che il caporedattore si aspetta da un potenziale collaboratore. Lo stesso vale per lo stile della proposta. Il linguaggio deve essere fresco, snello, accattivante, concepito in uno stile simile a quello che propone la rivista alla quale ci si rivolge. In più deve incuriosire, deve lasciare in sospeso qualcosa, deve raffigurare delle scene non del tutto svelate, in modo tale che il caporedattore sia incentivato a proseguire nella lettura o a fare domande, a contrattare il contenuto del pezzo.
A questo punto, come proseguire con la proposta?
Bisogna indicare le cose importanti: lunghezza, prospettiva, corredo fotografico, tempi di consegna.
Nel mio pezzo pensavo di dare voce a un paio di studenti e studentesse norvegesi in grado di svelare qualche particolare più piccante e inedito delle serate. In più potrei intervistare alcuni italiani che studiano temporaneamente a Oslo, che potrebbero commentare le differenze culturali e gli aspetti legati alla socievolezza.
L’articolo dovrebbe avere una lunghezza di circa 15000 caratteri e potrebbe essere corredato da un buon numero di scatti digitali in alta risoluzione. Nel caso fosse interessato alla mia idea, il pezzo potrebbe essere consegnato entro venti giorni.

A quel punto, se abbiamo scelto il giornale giusto e abbiamo proposto l’argomento giusto… il gioco è fatto. L’importante, però, è non dimenticarsi mai dell’aspetto economico: prima di procedere, senza peli sulla lingua, domandiamo quanto sono disposti a pagare per testo e foto.
Infine, teniamo presente una cosa: qualunque sia la cifra, generalmente possono arrivare al doppio. Contrattare è certamente possibile, ma all’inizio bisogna anche accontentarsi e creare il proprio network di contatti.

Chi è il giornalista freelance? Scoprilo in questo post.
Vuoi sapere dieci regole per diventare freelance? Leggi questo post.

Giornalista freelance: dieci regole per diventarlo (2/3)

1) Scrivere, scrivere, scrivere. L’esercizio della scrittura va mantenuto costante. Non importa ciò di cui si scrive, punché si scriva. Si possono riscrivere pagine di autori famosi cambiando lo stile, si possono fare riassunti, giochi di parole, anagrammi, si possono tenere diari on-line o intensificare le email con gli amici, sforzandosi di andare oltre le tre righe.
2) Farsi venire un’idea partendo da quello che più ci piace o che meglio conosciamo.
Qualunque cosa, infatti, è potenzialmente interessante per qualcuno e può diventare un articolo.
3) Presentare l’idea.
Avere un’idea brillante non significa ancora nulla. Bisogna farla piacere al caporedattore o al direttore di turno, e per raggiungere questo obiettivo è necessario presentarla in modo chiaro e accattivante. Senza dilungarsi troppo (vanno bene dieci/venti righe) bisogna essere in grado di spiegare di cosa si tratta, quali sono i punti di forza dell’idea (creatività, rilevanza del soggetto, originalità della prospettiva con cui si racconta, etc.) e perché dovrebbe interessare i lettori del giornale. Anche se si parte dalla stessa idea, ogni proposta deve essere adattata alle esigenze del giornale a cui la si sta proponendo, e per farlo bisogna conoscerne lo stile, la lunghezza media dei pezzi, il tono, il tipo di lettore medio.
Ad ogni modo, si tratta di un passaggio assai delicato che necessita un post a sé stante.
4) Contattare la persona giusta.
L’idea per un articolo deve essere indirizzata, se possibile, alla persona giusta. Se si comincia una proposta con un generico “Egregio direttore” si passa per pivelli e principianti sfigati. Se il nome del caporedattore compare sulla gerenza (il riquadro dove vengono riportati i nomi di chi fa parte della redazione), rivolgersi a lui direttamente, anche al telefono se è il caso.
5) Non allegare curriculum e non perdere tempo a specificare la propria preparazione scolastica.
Chi legge le nostre proposte non ha interesse nella nostra vita ma nelle idee che siamo in grado di offrire al giornale. Un giornalista freelance valido non è tale (solo) grazie al suo curriculum, ma vale in base a quello che pensa e che scrive. La proposta stessa offre un primo impatto su cui il caporedattore può basarsi per dare un giusizio sulle nostre capacità di scrittura, per cui attenzione agli errori, alle frasi banali e ai passaggi poco chiari.
6) Se il caporedattore è interessato, bisogna agire da professionisti. Bisogna parlare di soldi, tempi di consegna, lunghezza del pezzo, numero di foto che eventualmente dobbiamo offrire a corredo del pezzo. Lasciamo che la prima offerta economica sia il caporedattore stesso a farla e non dimentichiamoci che si tratta di somme quasi sempre negoziabili.
7) Imparare a usare decentemente una macchina fotografica digitale.
Il mercato ne offre alcune a prezzi accessibili e dalle caratteristiche eccezionali. Delle belle foto aumentano la probabilità di veder pubblicato il proprio pezzo.
8 ) Organizzare una cartella con i propri lavori.
Man mano che ci viene pubblicato del materiale, facciamo una piccola rassegna stampa, fotocopiando, ritagliando, sottolineando… A volte è il miglior biglietto da visita da presentare a nuovi caporedattori per dimostrare che qualcun altro ha avuto fiducia in noi. La rassegna, facendo attenzione alle questioni legate al diritto d’autore, potrebbe essere presentata anche on-line sul nostro sito, rendendola facilmente accessibile ed evitando i costi postali per inviarla alle nuove redazioni con cui tentiamo un nuovo approccio.
9) Recuperare i crediti.
Tra le mansioni spiacevoli che toccano al giornalista freelance fare c’è pure questa. Alcuni editori pagano 90 o addirittura 120 giorni dopo la pubblicazione. In questi casi bisogna armarsi di pazienza e aspettare, controllando alla scadenza che il pagamento sia in ordine. Altri fanno finta di dimenticarsi del pagamento, ma di solito pagano dopo il primo sollecito telefonico o per email. L’importante, comunque, è non aver paura di chiedere ciò che ci spetta: altrimenti non è questa la professione che fa per noi.
10 ) Essere intraprendenti, crearsi un giro di contatti con aziende, enti e persone che possono offrirci lo spunto e il materiale per un articolo. Gli uffici stampa di musei, associazioni culturali, segreterie politiche, organizzazioni, aziende e istituzioni saranno felicissimi di collaborare con voi.

Leggi il post su chi è il giornalista freelance e cosa fa.
Leggi il post su come redigere una proposta editoriale.

Giornalista freelance: chi è e cosa fa (1/3)

Chi è e cosa fa il giornalista freelance? E come lo si diventa?

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All’ultima domanda, che è un po’ più complessa, dedicheremo il post successivo. Poi passeremo ad analizzare nel dettaglio la delicatissima fase della proposta editoriale. Per il momento cerchiamo di inquadrare questa professione, e cominciamo a farlo sfatando qualche mito, cioè dicendo prima quello che un giornalista freelance non è.
Un’aura di leggendario romanticismo avvolge questa figura, che viene considerata il simbolo per eccellenza dell’intraprendenza e della libertà professionale. In più, generalmente si ritiene che sia una persona che guadagna bene, che abbia molto tempo libero e che sia eternamente in vacanza per seguire ciò su cui deve scrivere. In effetti questa visione andrebbe corretta, perché il giornalista freelance è a tutti gli effetti un libero professionista che deve fare i conti con rischi economici, pressioni editoriali, andamento del mercato e una spietatissima concorrenza. Non si tratta, dunque, di una professione facile e bella, anche se devo ammettere che finora mi sono pagato tutte le vacanze che ho fatto ricavando i soldi da articoli sui luoghi che ho visitato. Eppure il giornalista freelance non è uno scrittore eternamente in vacanza, né può permettersi lunghe passeggiate quotidiane e intense serate al pub con gli amici in cerca dell’ispirazione, anche se spesso dalle passeggiate solitarie e dalle serate con gli amici vengono fuori le idee migliori e più remunerative.

A questo punto, proviamo a definire chi è il giornalista freelance.

È una persona che, senza essere assunta da un editore (proprietario del giornale) e senza far parte dell’organico fisso di una redazione, si guadagna da vivere proponendo, scrivendo e vendendo i propri articoli a testate diverse.
Non ha pertanto uno stipendio fisso ma guadagna in base al numero di pezzi che riesce a piazzare, alla qualità delle retribuzioni (non tutti i giornali pagano bene allo stesso modo), alla qualità delle idee proposte e ai contatti che riesce a intrattenere con i clienti del suo portafoglio, che sarebbero i vari periodici per cui ha già scritto.
Generalmente intrattiene rapporti con i caporedattori dei giornali (coloro che curano e coordinano le varie sezioni interne) e in alcuni casi perfino col direttore responsabile. Una volta rotto il ghiaccio e trovato l’interlocutore giusto, è più facile farsi ascoltare, proporre nuove idee e lasciarsi incaricare per l’articolo successivo.

Che requisiti deve avere il giornalista freelance?

Certamente deve essere un appassionato di scrittura e deve padroneggiare la lingua in modo da potersi esprimere correttamente ed efficacemente. Deve leggere i giornali, guardare la televisione e interessarsi a quello che accade sia nel proprio paese che all’estero. La conoscenza di una lingua straniera come l’inglese lo aiuta tantissimo, perché la stampa americana generalmente anticipa tutte le notizie e le mode che vengono scimmiottate in Italia dopo qualche giorno o settimana.
Inoltre ha una modesta preparazione sulla legge riguardante la stampa (diritti e doveri, privacy, tutela dei minori) e ha sviluppato un senso critico su ciò che interessa il lettore di una determinata testata.

Bisogna essere iscritti all’ordine dei giornalisti?

La questione è spinosa, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in Italia, con la proposta di referendum per l’abolizione dell’ordine dei giornalisti.
Spesso le redazioni reclamano il famoso tesserino di giornalista, facendolo sembrare un requisito essenziale per essere pubblicati e pagati. In realtà le cose non stanno così, visto che la Costituzione italiana sancisce il diritto di tutti a esprimere il proprio pensiero (anche) attraverso la scrittura. Chiunque può scrivere su un giornale e percepire un pagamento a fronte di questo lavoro di scrittura: l’unica differenza è che gli iscritti all’ordine hanno la possibilità di aprire la partita iva e di fatturare gli introiti come fanno (o dovrebbero fare) i commercianti, mentre il privato cittadino che scrive per un giornale deve essere necessariamente pagato in ritenuta d’acconto. D’altro canto, lo stesso ordine dei giornalisti ammette una simile pratica, perché chiede agli “aspiranti giornalisti” le copie delle ritenute d’acconto prima di iscriverli all’albo professionale.
In ogni caso, essere iscritti all’ordine professionale dei giornalisti non è un requisito fondamentale e chiunque, già a partire da questo momento, può intraprendere la dura carriera di giornalista freelance. Dopotutto, all’estero non si diventa giornalisti con domande e marche da bollo, ma semplicemente per libera scelta personale. Saranno il mercato e i lettori a stabilire se un giornalista ha la stoffa per continuare.

Leggi il post sulle 10 regole per diventare freelance e poi dai un’occhiata a come si scrive una proposta editoriale.